Cambiano le procedure di valutazione per i ricercatori
- At April 15, 2007
- By gloria
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Come forse è noto a molti, il Ministro Mussi ha presentato una proposta di riforma del reclutamento per i ricercatori universitari. Questo crea un gran fermento tra i precari della ricerca. Pubblico qui sotto la lettera di Modica alla rete nazionale ricercatori precari.
LA SFIDA DELLA SERIETA – Luciano Modica – 12 aprile 2007
C’è un punto su cui il sistema universitario riceve da tempo continue batoste: i concorsi. Sono pochi i cittadini che non reputano i concorsi universitari autentiche combines, mere coperture di poteri accademici, talvolta addirittura di reati. Che si possa diventare ricercatori universitari solo per il proprio talento, viene largamente ritenuto impossibile e ingenuo il solo pensiero. Peggio, che si debba emigrare perché questo talento sia riconosciuto è opinione diffusa e purtroppo oramai documentata.
Un simile giudizio è ingeneroso nei confronti delle commissioni delle centinaia di concorsi che si svolgono onestamente ogni anno e che naturalmente non fanno notizia. Ma sarebbe pericoloso sottovalutare la caduta di qualità scientifica e di credibilità pubblica dell’intero sistema universitario che deriva dai concorsi bacati.
Nell’ultima legge finanziaria il governo ha voluto intervenire sul problema della qualità delle risorse umane per la ricerca, giudicato strategico per l’Italia pur in un anno di risanamento di bilancio e di pesanti ed eccessive restrizioni di spesa alle università. Da un lato sono stati messi a disposizione 80 milioni di euro (a regime) per assumere circa 1.600 nuovi ricercatori universitari in aggiunta a quelli che le università assumeranno direttamente con le risorse provenienti dal pensionamento dei professori. Da un altro, il Ministro dell’università è stato delegato a stabilire nuove regole concorsuali per tutti i concorsi a ricercatore con la condizione che esse siano “celeri, trasparenti e allineate agli standard internazionali”.
Il lavoro del Ministero sulle nuove regole concorsuali e sui criteri di ripartizione dei nuovi posti di ricercatore è già in dirittura di arrivo. Gli addetti ai lavori hanno potuto prima leggere le linee-guida del provvedimento e poi una prima bozza dell’articolato. Questi documenti, ancorch? provvisori, stanno avendo larga eco negli atenei e suscitano, a seconda dei punti di vista, speranze e contrarietà. La linea ispiratrice è tanto chiara quanto innovativa. In attesa che la neo-istituita Agenzia nazionale di valutazione cominci a funzionare regolarmente e i suoi giudizi di valore costituiscano il vero contrappeso alla necessaria maggiore autonomia delle università nel reclutare il proprio personale (secondo il principio che chi sbaglia paga), si fa comunque un passo nella direzione giusta. Gli atenei rimangono autonomi nella gestione dei concorsi ma devono essere aiutati nella valutazione dei candidati dal parere di esperti revisori esterni e indipendenti, sia italiani che stranieri.
Cioè si chiede loro di seguire il metodo che tutte le migliori università del mondo utilizzano con indubbio successo da molto tempo. I concorsi locali fanno guadagnare in celerità e sono in accordo con l’autonomia delle università. I giudizi esterni e indipendenti sono un contributo alla trasparenza e allineano il sistema italiano a quello dei paesi più avanzati. I criteri dettati dalla legge sono dunque pienamente rispettati, anzi ne sono stati i principi ispiratori.
Per facilitare l’accesso ai concorsi al maggior numero possibile di aspiranti, anche dall’estero (altro che programmi speciali di rientro cervelli!), sono state cancellate tutte le procedure tipicamente burocratiche e per nulla garantiste: dalle formalità delle domande (ci sarà una scadenza unica per tutti i concorsi e le domande saranno presentate solo telematicamente) alle prove scritte, pratiche e orali del passato (i cui contenuti troppo spesso erano scelti per favorire i candidati locali). Saranno solo il curriculum scientifico e le pubblicazioni di ciascun candidato ad essere esaminati e valutati dagli esperti revisori esterni, i cui giudizi saranno fortemente vincolanti per la scelta finale del vincitore da parte della commissione giudicatrice interna (senza alcuna idoneità).
Il ruolo di ricercatore universitario – che sarà tra breve trasformato in terza fascia docente, come è già sostanzialmente da tempo e secondo quanto l’Unione si è impegnata a fare nel suo programma di governo – è quello iniziale della docenza universitaria. Il reclutamento deve essere fatto sulla base del merito scientifico senza precariati estenuanti ma anche senza scorciatoie. Infatti l’accesso ai nuovi concorsi è riservato a chi ha almeno tre/quattro anni di esperienza di ricerca documentata da pubblicazioni, maturata conseguendo un dottorato di ricerca, o svolgendo attività contrattualizzata di ricerca presso università o enti. Oppure ancora a chi ha perseguito e conseguito propri obiettivi di ricerca per almeno cinque anni dopo la laurea.
Spariscono pure i settori scientifico-disciplinari, cioè quell’artificiosa classificazione di tutto lo scibile umano in ben 370 diversi settori che ha favorito solo le piccole corporazioni accademiche e molte interessate conventiones ad excludendum, per giunta frammentando la preparazione dei giovani aspiranti ricercatori e tarpandone le potenzialità multidisciplinari e interdisciplinari proprio in un momento in cui la scienza cresce di più sulle frontiere tra le discipline tradizionali.
Gli attuali settori saranno accorpati, ai fini concorsuali, in non più di 70-80 macro-settori, imitando l’analogo numero, e, se possibile, anche la struttura culturale degli ambiti disciplinari usati in altri paesi europei, fatte salve le differenze dovute alle specifiche caratteristiche nazionali.
Per evitare i tipici scambi di favori accademici e rafforzare invece la responsabilità scientifica individuale di ogni valutatore, gli esperti revisori non saranno eletti ma sorteggiati da liste predeterminate cui accederanno, per quanto riguarda gli italiani, tutti i professori ordinari ancora attivi nella ricerca con loro pubblicazioni originali recenti.
Per quanto riguarda gli stranieri, si far? invece ricorso alle liste già disponibili presso le istituzioni europee e internazionali per la valutazione dei progetti di ricerca. Inoltre i nominativi dei revisori sorteggiati rimarranno riservati ed ai loro giudizi sarà garantito l’anonimato almeno sino alla fine della procedura concorsuale. Si tratta cioè, anche in questo caso, di introdurre innovativamente nei concorsi italiani un sistema ben collaudato a livello internazionale, l’anonymous peer review.
Non mancano le novità nemmeno nei criteri di ripartizione tra le università delle risorse per i nuovi posti. Una prima quota verrà ripartita tra le migliori università sulla base della qualità della loro ricerca, come è stata misurata recentemente dal Comitato nazionale per la valutazione della ricerca. È significativo che un esercizio di valutazione così importante e largamente condiviso trovi immediata applicazione concreta in termini di risorse aggiuntive dopo appena qualche settimana dalla sua presentazione pubblica. Una seconda quota verrà ripartita con criterio più tradizionale ma non per questo meno interessante, cioè in base al numero di giovani formati alla ricerca da ciascun ateneo mediante dottorati di ricerca, assegni di ricerca o posti di ricercatore a tempo determinato. Si premiano insomma quelle università che hanno puntato sulla qualità della ricerca e sulla formazione di giovani ricercatori.
Infine i nuovi posti saranno effettivamente assegnati agli atenei cui spettano solo in numero pari a quelli banditi su risorse proprie. Sarebbe altrettanto da ingenui pensare che è stato trovato l’uovo di Colombo e che, nei concorsi universitari, si va verso il migliore dei mondi possibili. Molti problemi da dirimere restano, moltissimo dipenderà poi dalla capacità delle università e dei professori di scommettersi per una nuova, sincera quanto difficile, apertura al merito, dovunque e comunque si manifesti. Un’apertura che la legge può auspicare e favorire, mai certamente imporre. D’altronde l’esperienza insegna che le università, che pure di ricerca e innovazione fanno il loro cavallo di battaglia, sono alquanto restie ad applicare l’innovazione ai loro meccanismi interni di funzionamento, anche perché questi sono davvero assai delicati.
Qualcuno ha parlato, criticamente, di una “demagogia della serietà”. Spero proprio, positivamente, che la serietà torni ad essere un criterio e uno strumento per guidare il comportamento delle università e degli universitari. Se ne gioverebbe, subito e soprattutto nel futuro, tutto il nostro Paese.”
Speriamo bene, che non diventi una missione impossibile…
Per saperne di più, la mailing list dell’attivissima Rete Nazionale dei Ricercatori Precari è un’ottima fonte di informazioni. Spero non diventi uno strumento politico, sarebbe sgradevole.
Altri link utili: Assemblea dei Precari della Ricerca e della Didattica di Pisa;