Adottiamo le parole
- At April 27, 2007
- By gloria
- In Linguistics
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Premesso che io sono contro l’accanimento terapeutico e che ritengo che anche la “morte delle parole” sia un momento naturale della vita di una lingua, questa è una curiosità.
Riporto qui sotto un articolo da Repubblica.
Migliaia di termini scompaiono ogni giorno, scalzati da inglesismi, blog e sms
Tra il ’92 e il 2001, cancellati 6.000 termini dal dizionario della Real Academia Española
“Adottiamo le parole in via d’estinzione”
Zapatero con gli scrittori per salvare i vocaboli
di ALESSANDRO OPPES
MADRID – Scompaiono a migliaia, una dopo l’altra, scalzate nell’uso quotidiano da inglesismi o americanismi, da termini del linguaggio informatico e tecnologico, dalla cultura del “blog” e del “sms”, del “chat” e del “messenger”, che semplifica il linguaggio. E forse l’uccide. Parole perdute, dimenticate, in via di estinzione, persino cancellate dai dizionari, perché quasi nessuno – ormai – le utilizza. È possibile, e vale la pena, fare qualcosa? In Spagna l’operazione salvataggio è partita per iniziativa della Escuela de escritores e di un’istituzione che si occupa della salvaguardia della cultura catalana, la Escola d’Escriptura del Ateneo de Barcelona.
Lo strumento per eccellenza della comunicazione, internet, impiegato per riscattare dall’oblìo i termini del castigliano caduti in disuso. Che sono parecchi, probabilmente molti più di quanto si possa immaginare: in appena dieci anni, tra il 1992 e il 2001, ne sono stati cancellati seimila dal dizionario della Real Academia Española. La proposta per celebrare la giornata del libro, lunedì scorso, è quella di “adottare una parola”, e di spiegare il motivo per cui si intende salvarla. In venti giorni, sono state già migliaia le adesioni arrivate via web non solo dalla Spagna ma anche da tutti i paesi dell’America Latina e dal resto del mondo.
Con parecchi “padrini” d’eccezione, sia tra gli scrittori, gli intellettuali, i giornalisti, sia tra i politici che hanno accettato volentieri di aderire a questo utile “gioco” culturale e impegnarsi a usare le parole “in pericolo”. Il primo ministro José Luis Rodríguez Zapatero, ad esempio, ha scelto un termine caduto in disuso ma che in passato era impiegato soprattutto nella sua terra natale, León, oltreché a Salamanca e a Cuba: andancio, che significa malattia epidemica lieve. Il leader del Partito popolare Mariano Rajoy, invece, vuole salvare il termine avatares, ovvero vicissitudini, obsoleto ma già più volte utilizzato dal numero uno dell’opposizione negli animati confronti parlamentari con il premier.
L’appello della scuola degli scrittori è appassionato e quasi commovente: “Vogliamo che ci aiuti a salvare il maggior numero possibile di quelle parole minacciate dalla povertà lessicale, spazzate dal linguaggio politicamente corretto, sostituite dalla tecnocrazia linguistica, perseguitate da stranierismi furtivi che ci costringono a fare outsourcing di risorse anziché impiegare manodopera esterna…”. Sabato prossimo, chiusi i termini di adesione alla campagna via Internet, verrà creata una “riserva di parole virtuali”, che servirà come un richiamo alla riflessione sulla lingua spagnola.
Il risultato sarà tutto da verificare. Difficile che tornino a far parte dell’uso comune parole come (lasciamo perdere il significato) chiquilicuatre, locatiguisquis, pintiparado. Però non è escluso che venga accolto l’appello dello scrittore Juan Marsé a salvare la damajuana (damigiana) o quello del capogruppo parlamentare del Pp Eduardo Zaplana perché si torni a chiamare gli occhiali, come una volta, anteojos.
(26 aprile 2007)
C’è anche un sondaggio di Repubblica su 40 parole italiane da salvare. Io naturalmente avevo scelto invacchire ossia ingrassare, rammollirsi. =o)
Ecco come partecipare al sondaggio di Repubblica sulle parole che spariscono.